Documento programmatico

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PACTA SUNT SERVANDA

Uno dei connotati che più caratterizza la politica romana degli ultimi decenni, pare essere una malsana interpretazione della locuzione latina del pro tempore connessa all’esercizio di governo. Infatti capita sempre più spesso che a cambi di maggioranza corrispondano tutta una serie di atti in contraddizione con il percorso amministrativo faticosamente intrapreso fino ad allora, ed è consuetudine il ritrovarsi, sempre e di nuovo, all’anno zero, come se gli anni trascorsi in dibattiti, confronti, scontri e sintesi riguardassero altri luoghi e altre comunità.
Questa strana percezione della presenza momentanea alla guida delle varie giunte poggia, da una parte, sull’idea di poter disporne in maniera piena ed esclusiva (in verità il diritto utilizza questi termini per definire l’istituto della proprietà) della cosa pubblica, e dall’altra, sull’esercizio del ruolo in senso fin troppo letterale, ovvero mettendo molta attenzione nel trasferire ai posteri quei problemi e quelle decisioni complesse onde evitare potenziali danni d’immagine (basti pensare a quei contenziosi che rischiano di far fallire l’economie capitoline che si tramandano nell’avvocatura del comune dai padri ai figli…).
Vuoi per il meccanismo dell’elezione diretta del Sindaco che nel tempo ha portato il confronto democratico a perdere il merito a vantaggio dei posizionamenti di potere, vuoi per la minor autorevolezza della classe dirigente, fatto sta che sempre più si assiste a governi del territorio improvvisati, inadeguati e legati solo a logiche di appartenenze.
Eppure Roma negli anni si è dotata di fondamentali atti che, stratificandosi, ne definiscono l’assetto odierno :
La variante di salvaguardia, la delibera comunale di perimetrazione dei parchi romani (Del 39/95), la variante delle certezze e la sua controdeduzione, La legge Regionale 29/97 istitutiva delle Riserve Naturali Regionale e gli Enti Parco, la legge Regionale 24/98 in materia di vigenza dei Piani Paesistici Regionale, il Nuovo Piano Regolatore Generale e la sua copianificazione, l’adozione di giunta regionale del Piano Territoriale Paesistico Regionale.
Ma nonostante ciò ogni qualvolta un nuovo inquilino sale al Campidoglio si dà per scontato, non la coerenza con gli atti deliberati antecedentemente come vorrebbe un sano diritto amministrativo, ma bensì proprio l’esatto contrario: prevale la necessità di dimostrare di saper modificare gli atti prodotti dagli sconfitti, così da rinvigorire quella discontinuità sempre enunciata ma che poi, a ben vedere, raramente si applica nei confronti dei reali potentati capitolini.
Anche per questo uno dei primi atti che ogni nuovo sindaco non si nega mai è il Bando in Deroga alla normativa vigente:
Rutelli puntò alle periferie con i Programmi di Recupero Urbano (art 11), Veltroni guardò alla ricollocazione della rendita fondiaria con le Aree di Riserva, mentre oggi Alemanno con l’Housing Sociale apre ad una nuova stagione di edificazione nell’agro romano e di cambi di destinazione d’uso di ambiti non residenziali.
Questo atteggiamento primordiale nella gestione del territorio allontana la capitale giorno dopo giorno dalle altre città europee e scardina quell’immaginario collettivo di una Roma sostanzialmente definita nel suo assetto generale e nelle sue invariabili, a cui dovrebbe far seguito un piano strategico di area metropolitana.
La banalizzazione del racconto e della gestione dell’attività di governo, determina poi un imbarbarimento dei costumi dando vita alla percezione che tutto è permesso fuorchè la condivisione di regole certe.

L’UNICITA’ DEL LIMITE
In matematica con il teorema dell’unicità del limite si dimostra che il limite, quando esiste, è unico.
Sembrerà una cosa banale ma a guardar bene non è poi così scontato. Prendiamo ad esempio il Nuovo Piano Regolatore di Roma che, dopo tanti anni di varianti più o meno generali, detta un limite certo, sia numerico che spaziale, all’espansione della città verso l’agro romano.
E’ chiaro che all’interno del ridisegno generale e alla conseguente “ridistribuzione della rendita fondiaria”, la sintesi del confronto continuo delle forze in campo a volte ha fatto perdere di vista l’impianto strategico e non sempre si è saputo guardare alle ricadute future (basti pensare a quell’agglomerato di palazzine nel nulla di Muratella senza alcun elemento pubblico assunto con molta fantasia a centralità urbana). Ma è altrettanto chiaro che l’adozione del piano è un punto con un prima, rappresentato dalla discussione e graficizzazione pianificatoria del territorio, ed un dopo, declinato nell’attuazione delle previsioni.
Quindi, si direbbe, siamo finalmente di fronte ad una situazione relativamente semplice e ordinaria: quello che è previsto si attua, quello che non è previsto non esiste.
Oggi invece siamo di nuovo alla deroga. Si cercano forzose coerenze per nuovi stravaganti progetti,(dal parco tematico del vice sindaco Cutrufo, ai progetti Millennium del Sindaco Alemanno) utilizzando del tempo prezioso per cambiare le scelte e non per attuarle.
Ma così facendo si perde totalmente il concetto di regole e si apre una stagione di spinte e controspinte per scardinare l’urbanistica degli ultimi quindici anni, che seppur da un lato non è stata in grado di frenare a pieno gli appetiti della rendita fondiaria, dall’altra ne ha posto quel limite imprescindibile e fondamentale per poter ricalibrare l’attenzione di tutti verso la città consolidata e la sua riqualificazione.
Il Piano Regolatore, piaccia o meno, è uno strumento fondamentale di governo pubblico del territorio senza il quale ci sarebbero solo interessi privati e malcostume. Certo tutto è perfettibile ma ma ciò avvenga sempre tramite variante generale, basata su motivato interesse pubblico e all’interno delle normative vigenti (procedure, vincoli, rete ecologica, standard urbanistici, partecipazione popolare).
L’AGRO ROMANO O E’ PRODUTTIVO O NON E’
La città di Roma è circondata, permeata e invasa da lembi non di una normale campagna ma da un Agro Romano ricco di storia e cultura. Terre assegnate dai Papi durante l’XI secolo in feudo alle famiglie romane che qui crearono casali fortificati attorno ai quali far nascere i grandi latifondi da affidare poi ai cosiddetti “Mercanti di Campagna”.Con il trascorrere delle generazioni le tenute agricole furono acquisite da questi “signorotti” le cui ricchezze divennero, come nel caso dei Torlonia, il trampolino di lancio verso la nobiltà. Nel tempo il territorio viene assoggettato a pascolo estensivo e, sopratutto, diviene il luogo dell’attesa di un atto: il cambio di destinazione d’uso tramite variante urbanistica. L’Agro Romano quindi, che in un modo o in un altro ha determinato la ricchezza e i rapporti di potere in questa città, oggi ci appare come un paesaggio speculare alla trasformazione urbanistica della capitale: scomposto, discontinuo, raramente pianificato. Uno scenario pasoliniano fatto di palazzi e campagna, ruderi antichi e moderni centri commerciali, strade veloci e pascoli lenti, in un eterno contrasto tra la città che tracima dai propri confini e una campagna che si insinua di fatto nel consolidato: una lotta di reciproche espansioni come olio nell’acqua.
Una discontinuità urbana diffusa che si rifiuta di essere considerata area di completamento urbanistico e ambisce ad essere, ancora una volta, risorsa per Roma. A partire dal limite all’espansione, dettato proprio dai nuovi strumenti pianificatori, è possibile, da una parte, superare l’idea che valorizzare un’area voglia dire trasformarla da agro a nuova edificazione spostando sempre più in là il confine dell’urbanizzato e, dall’altra volgere decisamente lo sguardo verso una nuova ruralità incardinata su una filiera corta con un potenziale mercato di oltre 4 milioni di residenti in ambito provinciale: l’assurdità e lo spreco del nostro tempo sta tutto nell’immagine delle consolari romane intasate da tir pieni di merci destinate ai grandi centri commerciali mentre i territori agricoli circostanti sono sempre meno produttivi e destinati all’abbandono.
Quindi un obiettivo primario di una sana azione di governo del territorio sta nel rivitalizzare l’agro romano e la sua vocazione agricola puntando sulla qualità e sui servizi aggiuntivi, a partire dalla azienda agricola di Castel di Guido (oltre 2.000 ettari) da anni lasciata senza una seria politica di
utilizzazione agricola. La frammentazione tra Comune gestore e la proprieta’ regionale comporta uno sfasamento delle politiche gestionali. Se negli anni 90 le nuove giunte portarono a scelte di riqualificazione della produzione introducendo il biologico come obiettivo primario e l’apertura di uno spaccio locale, negli anni successivi l’azienda ha subito nuovamente un arretramento delle aspettative. La necessita’ di riqualificare le strutture sia del borgo che delle unita’ produttive diventa una necessita’ per non disperdere un capitale pubblico di enorme valore agricolo, storico, archeologico ed anche naturalistico, considerando che negli anni si e’ creata l’area naturale gestita attualmente dalla LIPU. E’ fondamentale che l’azienda rimanga totalmente pubblica, sia gestita come azienda agricola, senza accelerazioni verso usi impropri come i parchi tematici o tantomeno cubature di pregio, con strumenti adeguati e tramite un piano di sviluppo rurale a lungo termine, puntando sulla terziarizzazione delle attivita’ agricole tramite le concezioni delle fattorie sociali, dell’educazione ambientale, del turismo responsabile. Un bene a disposizione degli abitanti di Roma e del Lazio che deve costituire il modello progettuale per l’intero Agro Romano.

ROMA CAPITALE E AREA METROPOLITANA
Se accanto a questo si aprisse una discussione di merito su un piano strategico di ambito metropolitano, (cosa peraltro non inusuale nel resto del mondo), si potrebbe incomincia a ridurre il gap verso metropoli quali Parigi, Barcellona, Londra e Berlino.
Anche perchè ormai le questioni aperte hanno di fatto scala metropolitana. Dal diritto all’abitare (basti pensare quanti cittadini romani sono stati espulsi verso la Provincia dal mercato immobiliare) ai trasporti (nascono sempre più associazioni di pendolari per specifiche tratte ferroviare), dallo smaltimento dei rifiuti (basti pensare le difficoltà di Malagrotta e dell’impianto di termovalorizzazione di Albano) alla vicenda tanto cara alla nuova giunta quale quella dei campi Rom (che si vorrebbero fuori dal centro abitato ma forse sfugge che fuori dal centro abitato c’è un altro centro abitato, un’altra comunità con le sue vocazioni territoriali, la sua storia i suoi problemi).
Si potrebbe anche scardinare l’idea stessa di periferia quale ambito più esterno e distante e assumerlo a formidabile elemento di connessione con altre centralità radicate, vitali e con una forte residenzialità ( basti pensare che oggi Guidonia con 76.000 residenti ha superato Civitavecchia). Ed ancora, mettendo in relazione il sistema ambientale di Roma con le aree inedificabili oltre il gra, si potrebbe recuperare e fruire un paesaggio storico-naturalistico unico al mondo, “isole di agro romano in discontinuità nella metropoli”, fatto di ville storiche, parchi urbani, riserve naturali e ambiti agricoli.
Ma sarebbe necessario una vera ri-organizzazione amministrativa, una governance dei processi economico-sociali su area vasta (4 milioni di abitanti-consumatori e oltre 450 mila imprese) e puntare decisamente sulla naturale vocazione di un territorio capace di competere su scala internazionale con chiunque. Ma sarebbe anche necessario guardare alla metropoli con occhi nuovi, svolgere lo sguardo oltre le mura aureliane e comprendere che la tutela del territorio è l’elemento più avanzato per alimentare innovazione e sviluppare economie.
Particolare attenzione va riposta nel rapporto tra Agro Romano e Aree Protette Regionali, in particolare quelle che ricadono nella Provincia di Roma. Se da un lato c’è la forte pressione ad occupare nuovo territorio per l’edificazione ( questo vale anche per i parchi che circondano Roma) l’altra faccia della medaglia è costituita dai grandi parchi montani e marginali ( parzialmente Lucretili, Simbruini) dove si assiste al fenomeno dello spopolamento e parallelamente ad una visione ostile da parte della popolazione residente nei riguardi della tutela e salvaguardia del territorio viste come uno ostacolo allo sviluppo economico dello stesso. Il messaggio relativo alla conservazione della biodiversità non viene assolutamente percepito e compreso in queste aree marginali in quanto la popolazione da sempre è stata abituata al solo sfruttamento delle risorse naturali (utilizzo del pascolo senza preoccuparsi del carico del bestiame che lo utilizza, taglio del bosco per usi energetici o per integrazione al reddito, esercizio della caccia precedente all’istituzione dei parchi e successivamente esercizio del bracconaggio). Se i parchi urbani e periurbani costituiscono una realtà discretamente accettata e compresa dagli abitanti della Roma
metropolitana, la stessa cosa non si può dire per i parchi montani marginali. E’ necessario quindi intervenire su questa problematica e costruire un tessuto connettivo tra parchi urbani e parchi montani. Il collante potrebbe essere costituito dallo sviluppo di microeconomie nelle realtà montane, pensiamo all’allevamento di qualità o a produzioni agricole di nicchia ad integrazione e in connessione alle produzioni di qualità nelle realtà periurbane dell’Agro, rivolte al mercato dei consumatori cittadini.
LA GESTIONE DEL TERRITORIO : IL RUOLO FONDAMENTALE DEL PTPR
Con l’entrata in vigore del Codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004 le Regioni hanno dovuto verificare e adeguare gli strumenti di tutela paesaggistica, pena l’applicazione dei poteri sostitutivi da parte del Ministero.
La specializzazione e l’evoluzione tecnica e normativa, nel frattempo intervenuta, sia degli
approcci nelle materie ambientali sia del loro sviluppo nell’azione amministrativa hanno ridefinito la collocazione della pianificazione paesaggistica in un preciso e più ampio ambito. Infatti successivamente alla legge Galasso sono state introdotte nel nostro ordinamento innumerevoli disposizioni regionali, nazionali e comunitarie che hanno modificato il campo d’azione del piano paesaggistico e ne hanno specializzato e ampliato le finalità.
– 1 Conferenza Nazionale per il Paesaggio, promossa dal Ministero per i Beni e le attività Culturali nell’ottobre 1999;
– lo Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo del maggio 1999;
– il Testo Unico in materia di Beni Culturali e Ambientali (D.Lg. n. 490 del 29 ottobre dicembre 1999);
– l’Accordo Stato Regioni sull’esercizio dei poteri in materia di paesaggio nell’aprile 2001;
– la “Convenzione Europea del paesaggio” sottoscritta nell’ottobre 2000, (ratificata con L. n. 14 del 9.1.2006);
– Il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio del febbraio 2004, modificato a marzo del 2006, (D.Lg. n. 42 del 22.2. 2004 modificato con i DD.Lg. nn. 156 e 157 del24.3.2006).
La Giunta Regione del Lazio nel Dicembre 2007 ha approvato il PTPR, e oggi si attendono le controdeduzioni e la Vigenza definitiva da parte del Consiglio regionale.
Questo strumento non è uno strumento accessorio alle scelte urbanistiche, ma altresì è strumento fondamentale e sovraordinato su la cui coerenza devono attestarsi le scelte di tutti gli enti locali.
Quindi, al posto del fantasioso Piano Casa, la Regionale Lazio dia vigenza e certezza alla propria pianificazione paesistica.
IL SISTEMA AMBIENTALE DI ROMA: LA RETE ECOLOGICA
La rete ecologica costituisce il sistema delle invarianti delle trasformazioni urbane, l’ossatura che struttura il modello di sviluppo della città. Una sorta di fotografia al negativo della citta’ di Roma che definisce il “pieno” e gli ambiti di trasformazione. Troppo spesso si è proceduto per via inversa e si è guardato al sistema ambientale come il residuo delle lottizzazioni urbanistiche. Oggi col l’istituzione delle Riserve Naturali Regionali, la vigenza del nuovo Piano Regolatore e l’adozione del PTPR questo non è più possibile. Su questa certezza si devono basare tutti i ragionamenti odierni per garantire alle generazioni future un ecosistema vitale e qualitativamente elevato.
La realizzazione compiuta della Rete Ecologica è una politica di intervento primario di interesse pubblico, base di qualsiasi piano strategico di lungo periodo, ed imprescindibile per l’avanzamento socio-economico di una comunità. Voler intaccare tale sistema con interventi legati al contingente non solo è miope, ma produce danni economici esponenziali nel tempo e dà la l’esatta dimensione dell’inadeguatezza del governo del territorio.
La Rete Ecologica, prevista dall’articolo 79 del Nuovo PRG romano, costituisce un nuovo modo di leggere la citta’, il suo divenire, la sua trasformazione, perche’ obbliga tutti gli attori della trasformazione, l’urbanista, il professionista, l’architetto a partire dalla tutela delle componenti primarie del Sistema Ambientale per arrivare a concepire anche le stesse trasformazioni previste dal piano regolatore sulle componenti secondarie e di completamento della Rete stessa, come un momento di riqualificazione dei corridoi biologici urbani ed extraurbani.
La Rete Ecologica come strumento del Nuovo Piano Regolatore di Roma fu una delle piu’ importanti vertenze che le associazioni ambientaliste hanno sostenuto ed ora a distanza di sette anni dalla sua approvazione, occorre imporla nuovamente come priorita’ di gestione del territorio comunale. Nel contempo anche la Provincia di Roma ha approvato la sua rete Ecologica con studi seri e circostanziati, proprio al fine di integrare le previsioni complesse e di difficile attuazione che il Prg comunale prevede, consentendo cosi’ a tali previsioni una continuazione biologica al di fuori dei confini comunali necessaria alla tutela dell’intero sistema ecologico provinciale e regionale.

L’ECONOMIE PUBBLICHE: BILBAO 2010 E LA LEGGE ROMA CAPITALE ( legge 396/90):
In un periodo di grave crisi economica che scuote gli equilibri dell’economie mondiali le grandi aree urbane sono i territori dove maggiormente si corrono rischi di rottura della coesione sociale. Per questo le amministrazioni quando operano scelte di bilancio devono intervenire con un piano strategico che sappia guardare oltre il contingente.

Bilbao a metà degli anni 80 vive una crisi industriale senza precedenti così da decidere di approvare un piano strategico cambiando completamente il volto alla città: nel 1997 inaugura il Guggenheim, poi realizza la metropolitana di Foster, inaugura il grande aeroporto di Calatrava, si dota del palazzo dei congressi di Soriano, delocalizza il suo porto dall’estuario del fiume al mare, riqualifica i quartieri popolari e sopratutto rivitalizza enormemente la sua economia. “Bilbao è considerata un modello di riconversione intelligente in tutta Europa. La città, infatti, ha avuto la capacità di trasformarsi in meno di vent’anni da porto industriale a città-giardino a misura d’uomo” (il Sole 24 Ore 12 Ottobre 2010).
Ed ancora nel 2001 si dota di nuovo del piano strategico “Bilbao2010” incentrato su 5 punti:
Leadership – Persone giovani e professionisti- Conoscenza e innovazione – Network mondiale -Qualità della vita, e si appresta a realizzare la trasformazione l’ex area industriale della penisola Zorrozaurre (1,5 miliardi di Euro) con lo scopo dichiarato di attirare popolazione giovane prevedendo il 50% delle abitazioni venga destinata a famiglie sotto i 35 anni.
Tutto ciò è potuto accadere innanzitutto per la capacità e la coerenza della classe dirigente che negli anni si è sostituita nel governo della città.

Roma nel 1990 si dota della legge Roma Capitale (396/90) che al primo articolo recita:
“Sono di preminente interesse nazionale gli interventi funzionali all’assolvimento da parte della città di Roma del ruolo di capitale della Repubblica Italiana e diretti a:
a) realizzare il sistema direzionale orientale e le connesse infrastrutture…
b) conservare e valorizzare il patrimonio monumentale archeologico e artistico, creare parchi archeologici ed in particolare quello dell’area centrale, dei Fori e dell’Appia Antica, incrementare e valorizzare il sistema dei Parchi urbani e suburbani…
c)assicurare la più efficace tutela dell’ambiente e del territorio, anche attraverso il risanamento dei fiumi Aniene e Tevere e del Litorale, realizzare parchi naturali….
d)adeguare la dotazione dei servizi e delle infrastrutture per la mobilità urbana e metropolitana….
e) qualificare le università….
f) costituire un polo europeo dell’industria dello spettacolo e della comunicazione…

A distanza di venti anni, non solo non sono stati realizzati molti interventi previsti e finanziati dalla legge Roma Capitale, ma recentemente il Consiglio Comunale, con il consenso di tutte le forze presenti in Campidoglio (delibera CC 118/09. Art. 2 legge 15 dicembre 1990, n. 396. Modifiche ed integrazioni al programma degli interventi per Roma Capitale votata all’unanimità dai 42 Consiglieri presenti), ha definanziato numerosissimi interventi.
Solo a titolo esemplificativo:
Comune di Roma Parco di Centocelle valorizzazione Ville romane Euro 1.300.000,00
Comune di Roma Realizzazione del Parco archeologico di Torrevecchia Euro 1.000.000,00
Comune di Roma Progetto, esproprio e sistemazione dei manufatti e del comprensorio di Villa York Euro 3.356.969,84
Comune di Roma Sistemazione Villa dei Gordiani e restauro del Mausoleo Euro 850.000,00
Comune di Roma Realizzazione Parco della Cervelletta – recupero casali Euro 1.250.000,00
Comune di Roma Tutela e valorizzazione di Galeria Antica. Recupero paesaggistico del monumento naturale Galeria Antica DPGR n. 794/1999 e recupero conservativo del Casale
Storico cosiddetto delle “Aste Taurine” in località Osteria Nuova Euro 258.228,45
Comune di Roma Progettazione, acquisizione e realizzazione “Parco della Cellulosa” – Municipio XVIII Euro 1.000.000,00
Comune di Roma Riqualificazione aree verdi – Municipio XX Euro 500.000,00
Comune di Roma Realizzazione Casa delle Danze Euro 1.000.000,00 Comune di Roma Realizzazione Casa Civica Euro 1.000.000,00
Comune di Roma Centro culturale Romanina Euro 1.000.000,00
Comune di Roma Acquisizione Villa Rivaldi. Indagini archeologiche, restauri conservativi e allestimenti museali nel complesso di Villa Rivaldi Euro 11.197.482,79
Comune di Roma Progettazioni e realizzazioni relative ad interventi di riqualificazioni di aree di edifici pubblici dismessi o sottoutilizzati ai fini dell’art. 1 della legge n. 396/1990 – Recupero ex Forte Portuense Euro 4.140.000,00
Comune di Roma Restauro e ristrutturazione degli edifici storici all’interno di Villa Ada.
Villa Ada Chiesetta del Divino Amore Euro 1.961.009,04
Comune di Roma Restauro ex scuderia e vaccheria di Villa Sacchetti Municipio XIX
(Parco Urbano del Pineto) Euro 1.798.332,41
Comune di Roma Recupero energetico e riqualificazione ambientale edifici comunali Euro 3.000.000,00

Come è potuto accadere tutto cio?
L’INTERVENTO DEI PRIVATI: IL CASO DEI PROGRAMMI DI RECUPERO URBANO
I Programmi di Recupero Urbano del Comune di Roma riguardano 11 ambiti territoriali con una popolazione residente complessiva di circa 440.000 abitanti.
(Fidene-Val Melaina, San Basilio, tor Bella Monaca, Acilia Dragona, Laurentino, Corviale, Magliana, valle Aurelia, Palmarola- Selva Candida, Primavalle-Torrevecchia, Labaro -Prima Porta).
Tali programmi definiti dall’art.11 della Legge 493/90 e sono stati adottati dal Consiglio Comunale nel Gennaio 2001 nella considerazione che la riqualificazione delle periferie è obiettivo prioritario e volano delle politiche occupazionali.
In sintesi a seguito di un bando pubblico si permette l’intervento edificatorio in deroga e su ambiti periferici circoscritti, a condizione che si dotino gli stessi quartieri di servizi ed opere pubbliche carenti e necessarie.
Su 463 interventi pubblici e privati per un totale di € 1.796.753.500,00, di cui 346 per oltre 500 milioni di euro in interventi per opere pubbliche attualmente si contano, a distanza di 10 anni, 84
interventi pubblici finanziati.
Quindi l’interesse pubblico alla base del programma urbanistico è quasi totalmente dimenticato a se stesso e con poche possibilità di essere realizzato, mentre gli interventi privati, seppur con con lentezza, vengono realizzati e messi sul mercato, andando così a congestionare ulteriormente quei territori su cui altresì dovevano svolgere una funzione di riqualificazione.

L’ACQUISIZIONE DI PATRIMONIO : IL CASO DEGLI ACCORDI DI PROGRAMMA COMPENSATIVI E LE AREE DI CESSIONE.
A seguito dell’approvazione della variante delle certezze, per trasferire le cubature previste su aree di pregio interne al sistema dei parchi, si è proceduto ad istituire la procedura delle compensazioni. La sua forza deriva dalla capacità di coniugare la necessità oggettiva di ridisegno del territorio con le aspettative della cittadinanza di riqualificazione urbana e gli interessi di sviluppo degli operatori economici, in una chiave tutta ambientalista.
Tale decisione ha prodotto una non facile riconversione delle aspettative degli operatori economici capitolini, dalla logica del “riempire spazi vuoti” alla logica delle delocalizzazioni cubature in aree più idonee. Viene sconfitta l’idea che valorizzare una proprietà voglia dire edificarla, anzi l’essere proprietari di un’area ambientalmente pregiata può essere elemento capace di determinare la realizzazione di cubature in altre aree bisognose di sviluppo urbanistico e contestualmente diventa motore della più grande opera di acquisizione al demanio comunale di patrimonio pregiato riqualificato. Così molti proprietari di aree interne al sistema dei parchi smettono i tentativi pirateschi di “scuciture” e ricalibrano le loro aspettative verso una logica di delocalizzazione, cessione delle aree pregiate, sino addirittura ad abbandonare definitivamente le complesse e appetibili aree di Tormarancia. Lo stesso vale per le aree strategiche di Montecucco, Pineto, Aguzzano, Volusia, Borghetto San Carlo, Pratone delle Valli, e tante altre ancora.
Ad oggi queste procedure devono essere portate a termine coerentemente alle aspettative della cittadinanza e devono essere cedute le aree riqualificate a carico degli operatori economici.
Ma bisogna sin da subito anche interrogarsi su quali modelli gestionali innovativi sviluppare al fine di coniugare la fruibilità pubblica di questi ambiti con lo sviluppo di attività compatibili, nella consapevolezza che l’acquisizione di queste aree e la loro riqualificazione hanno comportato un “costo” notevole in termini di ricaduta delle delocalizzazioni in altri ambiti cittadini.
RIPORTARE IL MERITO NELLA DISCUSIONE POLITICO-AMMINISTRATIVA
Questo è l’obiettivo da raggiungere.
Oramai siamo di fronte a una discussione politico-amministrativa totalmente avulsa da concetti quale norma, atti vigenti, compatibilità, valore pubblico, interesse generale.
La logica che impera, senza distinzioni di schieramenti politici, appare essere la convenienza contingente, l’appartenenza di lobby e lo scontro di interessi tutt’altro che generali.
Lo spettacolo che viene dato dall’attuali classi dirigente è degradante, e il confronto tra esse passa esclusivamente dall’unica cosa “sempre verde in voga”, ovvero il “do ut des” Giustinianeo.
Così Roma rischia un’involuzione senza precedenti. Per questo è necessario aprire una discussione di merito di ambito cittadino che porti all’attenzione della politica e dell’amministrazione una piano d’azioni irrinunciabili partendo dall’interesse pubblico.
PRG – invariabili ambientali- rete ecologica – PTPR- agro romano
1) La coerenza al Piano regolatore è il punto di partenza. Gli atti in deroga sostanziale al piano non sono accettabili.
2) L’invariabile ambientale è un dato certo che va rispettato da tutti. La rete ecologica deve essere lo strumento primario di attuazione di qualunque ambito di trasformazione.
3) La controdeduzione e l’entrata in vigenza del Piano paesistico regionale è l’atto su cui concentrare le forze: senza la coerenza al PTPR nessuna trasformazione e/o deroga urbanistica ha legittimità.
4) L’agro Romano non è terra di conquista ma un ambito agricolo da valorizzare e rendere produttivo. Bisogna potenziare lo strumento del PAMA e contrastare ogni nuovo intervento edificatorio che non sia a fini di potenziamento aziendale agricolo.
5) L’azienda agricola di Castel di Guido va rilanciata rimanendo un azienda pubblica e diventare il modello gestionale per tutti gli operatori agricoli privati.
Housing Sociale e bandi in deroga
1) l’emergenza abitativa si può e si deve risolvere all’interno delle previsioni del piano regolatore (oltre 70 Milioni di metri cubi da realizzare).
2) La delibera 110/05 è una delibera vigente che va applicata a partire dal canone concordato e dall’agenzia comunale dell’affitto.
3) Bisogna potenziare l’offerta della locazione a canone concordato al fine di calmierare il mercato della compravendita. Tutte le attuazioni urbanistiche devono avere una parte di canone concordato a partire dall’intervento di Torpagnotta.
Bilancio – economie pubbliche e Roma Capitale
1) La tutela delle valenze storico-paesistiche e la sua corretta fruizione pubblica è obiettivo primario di qualunque amministrazione.
2) Sono necessarie risorse adeguate alla gestione, manutenzione e valorizzazione delle risorse ambientali. Non è possibile continuare a destinare percentuali da prefisso telefonico a tale scopo a meno che non si ha l’obiettivo implicito di smantellare Enti parco, servizi Giardino, uffici tutela ambiente, etc.. Non si può continuare ad acquisire patrimonio pregiato e poi, non potendolo nè gestirlo nè fruirlo, lasciarlo andare in abbandono.
3) E’ necessario portare almeno al 5% il budget anno di spesa in materia ambientale da parte di Regione- Provincia e Comune.
4) Non ha alcun senso dare vita ad un parco tematico sull’antica Roma a Roma. Ha molto
senso dare vita ad una stagione di restauro e potenziamento di ciò che ci ha lasciato l’antica Roma, a partire dalle aree archeologiche e dall’Appia antica.
5) Bisogna rifinanziare adeguatamente tutto cio’ che è stato definanziato con la delibera Consiliare 118/09 a partire dall’acquisizione della Tenuta di Villa York e da Palazzo Rivaldi destinandolo a Museo dei Fori.
6) Bisogna rifinanziare il recupero di Forte Portuense e di tutti i Forti Militari dismessi del campo Trincerato di Roma in possesso dell’Amministrazione Comunale e prevedere un “ambito di valorizzazione strategico”come già previsto per il Tevere e le Mura Aureliane. La Delibera di Variante Urbanistica n.8/2010 (“Piano di alienazione e valorizzazione degli Immobili Militari della Città di Roma” che determina una manovra che va da 1,3 a 1,6 Milioni di metri cubi senza tener conto di nessuna pianificazione generale a vantaggio del Ministero della Difesa e delle società ad esso collegato) va ritirata in quanto la sua attuazione significherebbe rinunciare ad un’occasione storica di riuso del patrimonio militare dismesso a servizio della città e rappresenterebbe l’ennesima dimostrazione dell’asservimento dell’AC alle vicende nazionali e alle esigenze di “fare cassa” del Ministero della Difesa.

Accordi di programma in attuazione -Art11 – procedure compensative -conferenze servizi –Punti Verdi Qualità.
1) Non è accettabile dare attuazione agli accordi di programma senza veder realizzare l’interesse pubblico alla base degli stessi.
2) La Conferenza dei Servizi prevista per tali interventi non deve rimodulare nè oneri nè opere in quanto snaturerebbe sostanzialmente l’accordo di programma condiviso dalla cittadinanza.
3) Gli interventi urbanistici previsti dagli art 11 non devono essere autorizzati senza prima aver attuato le opere pubbliche connesse. L’assessorato e gli uffici competenti rendano pubblico il quadro completo dell’iter dei PRU.
4) Prima e dentro ogni convenzione urbanistica di carattere compensativo devono essere presentati progetti esecutivi, oneri certi e tempi contingentati per le cessioni e le riqualificazioni degli ambiti di partenza previsti dalla tabella A della Variante delle Certezze e della Delibera su Tormarancia.
5) Bisogna attivare immediatamente tutti quei fondi previsti a bilancio e derivanti dall’accordo di programma fra Regione Lazio e Comune di Roma per le Periferie a partire dalla riqualificazione della Vaccareccia – Caffarella.
6) E’ necessario approvare una Delibera di Consiglio Comunale che finalmente determini i criteri per attuare i Punti Verdi Qualità ancora fermi e che contestualmente chiarisca i soggetti aventi diritto nello spirito originario del Bando al fine di dotare le periferie di aree verdi riqualificate e correttamente gestite evitando contenziosi e/o procedure poco trasparenti.

Acquisizione aree di cessione mai prese in possesso e verifica conservatoria
1) Le aree di cessioni derivanti da interventi urbanistici spesso non vengano neanche prese in possesso da parte del comune di Roma e regolarmente rientrano in proprietà del cedente e/o hanno utilizzo improprio. Capita anche che la stessa area venga ceduta all’amministrazione per più volte in cambio di altrettanti interventi urbanistici. Questo è inaccettabile.
2) E’ necessario istituire uno staff interassessorile-avvocatura che verifichi presso la Conservatoria l’utilizzo odierno di tutte le cessioni pubbliche fatte negli anni e che rientri in possesso di tali aree.
3) Sul recupero di queste aree pubbliche (centinaia di ettari) si dia vita ad un piano di riforestazione diffusa nella città.

Consigli direttivi enti Parco-piani d’assetto- attivazione rivitalizzazione economica e sociale
1) Il sistema delle aree naturali protette regionali rappresenta l’eccellenza paesistica e ambientale del Lazio. Tale sistema deve essere gestito di conseguenza.
2) Gli Enti Parco sono commissariati da mesi e senza Direttori. E’ necessario nominare i Consigli degli enti con principio di merito e ridare operatività ordinaria a tali Enti.
3) Bisogna approvare i piani d’assetto dei parchi regionali controdedotti da anni e fermi negli uffici regionali.
4) Bisogna predisporre e rendere operativi i piani di programmazione pluriennale economico-sociale previsti dalla legge regionale 29/97 per il corretto funzionamento delle aree protette.

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Promotori:
Sabrina Albanesi, Vito Consoli, Amedeo Fadda, Maurizio Fontana, Paolo Menichetti, Ivan Novelli, Sergio Papa, Carlo Patacconi, Diego Pedron, Luigi Tamborrino, Beppe Taviani.

TI INVITANO ALL’ASSEMBLEA PUBBLICA PER LA PRESENTAZIONE DEL DOCUMENTO

SABATO 12 MARZO 2011 ORE 10

PRESSO
CINEMA FARNESE
PIAZZA CAMPO DE FIORI – ROMA

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